Non so se l’essere nato in una famiglia in cui il nonno veniva usato come sonaglio, facendo dondolare le corde a ritmo, abbia avuto un’influenza su di me, lasciandomi incantato dal suono del “Lele de Osuna”, come era conosciuto nel mondo del flamenco. Non ci mise molto a contagiarmi con la sua passione per la chitarra, per il suo suono, per le sue forme e per ciò che più mi incuriosiva, la sua costruzione.
Come potevano quelle melodie che mi facevano rizzare i capelli in testa nascere da pezzi di legno incollati insieme come un puzzle? Questo mi teneva davvero sveglio la notte e nessun sonaglio o ninna nanna poteva aiutarmi; dovevo scoprire com’era, dovevo sentire nelle mie mani come il suono era stato generato, come era stato coccolato, come era stato gettato e come era nato.
